venerdì 11 marzo 2011

un gelido inverno

Nel primo post di questo blog faccio un resoconto, che ho definito poco ortodosso,  del mio ultimo viaggio negli States, e lì menziono quelle case che compongono dei piccoli agglomerati che si trovano ovunque lungo le strade, lungo quell'immenso territorio che si attraversa, in modo retorico e ormai  mitico, "on the road".

 E quando le vedi quelle case, per lo più poco decorose con quel mucchio di cose

fuori, rottami di macchinari, giocattoli rotti e sani, mobili e pezzi di mobili ed una quantità di stranezze inverosimili, ti chedi chi ci possa abitare, e come possano vivere le persone in una situazione del genere, lontani da tutto, da tutti....quali i rapporti sociali che animano le loro vite, quali i coinvolgimenti personali e relazionali che si instaurano in quei posti. Certo rimanendo on the road and "on the car" non lo si scoprirà mai. Esistono, però, viaggi di diverso tipo e quelli che permettono una conoscenza più diretta delle realtà sociali richiedono molto tempo, forse anche più coraggio, sicuramente una conoscenza più approfondita della lingua parlata nei luoghi che si attraversano e tutta una serie di cose che tramutano il viaggio in qualcosa di diverso e più coinvolgente e sono i viaggi più belli, più veri ma presuppongono una vita strutturata in modo diverso, più libera, meno condizionata dalle varie routine tipiche ...lavoro, famiglia e via dicendo...e sono i viaggi che vorrei..quelli in cui non solo i paesaggi naturali ti assorbono ma tu stesso metti le mani in pasta nella vita degli altri.

"Un gelido inverno" di Debra Granik ti apre le porte di quegli agglomerati, di quelle case, di quelle vite; all'inizio del film mi è sembrato di aver fermato la macchina, di esserne finalmente scesa e di essere entrata a vedere cosa le immagini viste dalla strada contenevano di vita vissuta.
Il film, con uno stile asciutto ed efficace, descrive l'umanità che anima quei luoghi, il degrado di vite vissute di espedienti, barcamenandosi per tirare su il necassario per vivere, illegalità più o meno gravi, leggi claniche e familiari che proteggono gli appartenenti e che prevedono anche la pena di morte, da parte del clan, per chi non le rispetta. Un mondo di sopravvivenza crudele e spietato in cui chi sgarra le convenzioni comportamentali in esso insite non viene perdonato.

Ma per quanto le persone siano abbrutite dal vivere in questo modo esiste in loro e tra di loro, un nucleo di riconoscimento che, seppur alterato dalla violenza, ha un fondo di pietas umana, che alla fine, anche se in modo atipico secondo i normali canoni, riesce a rendere giustizia ed onore al coraggio di un adolescente che di quella comunità fa parte senza esserne invischiata personalmente, e che agisce a difesa di se stessa e della propria famiglia con le sole armi della sua forza interiore e con una durezza che proprio quel mondo in cui vive le ha plasmato addosso.

Nel film il freddo dell'inverno si fa simbolo della mancanza del calore umano che lenisce i dolori dell'esistenza; l'ambiente naturale ingloba dentro di sè i destini umani nell'isolamento del grande spazio che li circonda, la società civile, quella riconosciuta è fuori, oltre, e più che essere elemento di salvezza, è una minaccia per le persone e la natura che rischiano di soccombere alle sue leggi di profitto e normalizzazione.

Personalmente ho apprezzato ancora di più questo film perchè girato da una donna che ha saputo cogliere in modo diretto, essenziale e scarno, senza ombra alcuna di moralismo o pietismo verso tutti i personaggi sia maschili che femminili, una tematica già sfruttata nella cinematografia ma sopratutto da uomini, e l'ha fatto in modo egregio, ed è anche una donna, giovanissima, la protagonista principale, che affronta una discesa agli inferi per cercare salvezza non per l'intera esistenza ma per una immediata possibilità di sopravvivenza dignitosamente umana. 

2 commenti:

  1. Una bella recensione di un film che merita davvero di essere visto. Mi piacciono anche le riflessioni che hai fatto sul "viaggio", perché sono sempre più convinta che per conoscere veramente i luoghi che vogliamo visitare dobbiamo un po' divenirne abitanti.

    Un abbraccio, Maria.

    Milvia

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  2. ...che voglia di viaggiare Milvia cara!!
    un abbraccio a te
    ciaoo

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