domenica 6 febbraio 2011

Altri olocausti



A proposito di memorie, anche se ormai il 27 gennaio è passato da un po’, ma dedicare un giorno alla memoria di qualcosa, non vuol dire che non la si debba ricordare negli altri giorni, almeno spero, ed a proposito di Olocausti vorrei qui ricordarne un altro, forse il più "quantitativamente" agghiacciante della storia, quello americano.
Si sono fatte stime che dalla scoperta dell’America fino ai giorni nostri il 90% circa degli abitanti originari di quelle terre, 80 milioni di persone, sia scomparso a causa dell’invasione prima degli europei e poi degli statunitensi. Il "civilizzatore bianco" ha continuato a perpetrare il genocidio degli indigeni  con stermini sistematici in Guatemala, Paraguay ed in tutta l’America meridionale, complici, se non esecutori occulti, gli Stati Uniti. ( per una fonte di approfondimento clikkate qui)
  Per rimanere nell’ambito degli Stati Uniti, le popolazioni indigene sono state sterminate da forze interdipendenti quali le epidemie, l’uccisione diretta vera e propria, i trasferimenti forzati, la distruzione dell’ambiente naturale e quindi delle fonti di sostentamento e, non ultimo,  dal tentativo di  occidentalizzare i loro modi di vita, tramite la cristianizzazione, l’impedimento ad esercitare i rituali che scandivano le fasi della loro esistenza, l’imposizione di concetti di realizzazione completamente opposti al loro modo di vivere.
    I superstiti, molto pochi, furono costretti a vivere in luoghi che non erano i loro, in abitazioni che non rispettavano le loro funzionalità originarie che non erano solo materiali ma anche spirituali, a mangiare cibo diverso, a comportarsi diversamente  da come avevano sempre fatto: tutti i loro modi di vita, da quello più superficiale a quello più esistenziale, furono stravolti. Abituati agli immensi spazi che la loro terra gli offriva furono rinchiusi in angusti territori aridi, in spazi ristretti, chiusi e controllati, impossibilitati quasi a muoversi, sottomessi a leggi che non erano loro e che non potevano capire, in uno stato di dipendenza da ciò che l’uomo bianco era disposto ad elargire. Deportati, sviliti, fu tolta loro l’identità e obbligati ad assumerne un'altra. I modi di vivere dei vari popoli indiani erano diversi, le loro lingue diverse, ma una cosa che, tranne poche eccezioni, li accomunava era la struttura egualitaria delle loro società ed un rapporto equilibrato ed armonico con l’habitat. Tutto ciò non rientrava negli schemi mentali dei bianchi, che concepivano la società come un insieme di dominati e dominanti, come una struttura gerarchizzata  a vari livelli e basata sulla diseguaglianza civile, sociale, economica. Alla “cultura dell’essere” dei nativi contrapponevano “la cultura dell’avere”, alla proprietà collettiva clanica la proprietà singola e lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali; fu messo in atto lo sconvolgimento di una terra che dagli ”indiani” era considerata sacra e dispensatrice delle fonti di sopravvivenza, degna del rispetto e pronta ad essere sfruttata ma solo limitatamente alle esigenze essenziali e non indiscriminatamente. A un concetto armonioso del vivere in una comunità di individui  in un contesto naturale, gli occidentali opponevano un mondo di sopraffazione gli uni sugli altri, una tensione al possesso che  avrebbe portato a una rete di razzismi basati sulla religione, il territorio di provenienza, il ruolo all’interno della società e naturalmente la razza ( la suddivisione degli esseri umani in razze diverse è solo un modo per stabilire diseguaglianze e giustificare il dominio di alcune su altre).
   A tutto ciò i nativi cercarono di opporsi in tutti i modi, ma naturalmente il flusso di immigrati che sbarcavano a milioni e che a loro volta erano motivati dal senso di riscatto da una condizione di inferiorità nella madre patria, gli armamenti a disposizione e, soprattutto,  la convinzione e l’arroganza di essere i portatori di una civiltà superiore ebbero la meglio sulle popolazioni autoctone. Gli ultimi a cedere furono i popoli nomadi che riuscirono a difendersi più a lungo grazie anche ad un modalità di resistenza diversa e più “mobile” che non permetteva alle forze degli invasori di concentrare la loro potenza militare su agglomerati urbani, come invece era stato possibile con i popoli stanziali che vivevano ad est (e come quelli del Sud America): i soldati dovevano combattere non vere e proprie battaglie, ma incursioni che potremmo definire di guerriglia, a cui non erano abituati, né attrezzati. L’inevitabile sconfitta anche di queste popolazioni avvenne con l’avanzamento tecnologico delle armi facilmente trasportabili, il fucile a ripetizione retrocarica e le mitragliatrici.
Dopo l’eliminazione fisica di queste popolazioni, venne messo in atto sui pochi superstiti l’etnocidio che ancora seguita e che oltre al tentativo di fare tabula rasa del loro modo di pensare e di vivere, viene posto in essere anche con la sterilizzazione delle donne e con adozioni coatte dei bambini.
   Da luogo di deportazione ora le riserve sono divenute luogo da salvaguardare come l’unico territorio possibile dove poter vivere ancora in modo “tradizionale”, e sono continuamente minacciate da tentativi di esproprio da parte del governo per permettere alle multinazionali  lo sfruttamento in quei territori delle materie prime in essi contenute o per dargli una diversa destinazione d’uso. Una delle frasi che si sentono spesso dire è che... se vivono in situazioni di indigenza è colpa loro perchè non si adeguano al modo di vita americano….a parte le discriminazioni a cui sono tuttora sottoposti, sono solo un popolo che tenacemente chiede di vivere secondo la propria visione della vita e di essere lasciato in pace almeno in quei ristretti territori che gli sono stati “riservati”, sono solo un popolo che, nonostante le pressioni, lo sterminio , la distruzione della loro cultura, non si sono piegati alle fascinazioni del modo di vita occidentale.
Molto c’è da dire ancora, compendiarlo in un  post è troppo complicato, questo vuole solo essere un approccio all’argomento.

4 commenti:

  1. Hai fatto molto bene, Maria, a dedicare questo post al massacro dei Nativi americani. Troppo spesso di loro ci si dimentica, e molti, ancora, tendono a considerare eroi proprio coloro che hanno contribuito ad annientarli. Un vero e proprio olocausto, non meno terribile di quello perpetrato dai nazisti. Ti ricordi la frase attribuita a Sheridan “Gli unici indiani buoni che abbia mai visto erano morti.” Ecco per me ha la stessa orrenda valenza di quella scritta sui cancelli di Auschwitz: "Arbeit macht frei".
    E anche oggi la maggior parte dei Nativi americani vivono in condizioni di degrado.

    Proprio un bel post, Maria cara. La tua creaturina sta progredendo bene.

    Milvia

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  2. Grazie cara Milvia,
    gli stati uniti sono cresciuti e prosperati sulla violenza, anche quella più efferata, i cumuli di denaro che, ora, in pochi si spartiscono, sono proliferati su macerie umane stratificatesi nel tempo di quella crescita.
    ciaooo

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  3. Si, quando ascrivi alle cause di questo etnocidio la convinzione e l’arroganza dell'uomo bianco di essere il portatore di una civiltà superiore, ecco, penso che questa convinzione e arroganza in definitiva si sono potute tradurre, già nelle menti dei primi padri pellegrini delle sette calviniste di plymouth, in un drammatico quesito: i pellerossa sono da considerarsi esseri umani?
    Credo poi che gli americani e gli europei nel corso della storia moderna per troppe volte e davanti a troppi popoli si siano riproposti questa domanda e abbiano agito di conseguenza. Domanda che nasce e si radica nell'etica calvinista. è in questo senso, e credo senza far torto a max weber, che credo si possa anche riscrivere il titolo del sui libro in "L'etica protestante e lo spirito del colonialismo".


    ciao, massimo.

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  4. Caro massimo, è stato proprio come tu dici, i pellerossa, come tanti altri popoli che sono stati "oggetto di interesse" da parte degli occidentali (un altro caso, per esempio, di cui si parla molto poco, riguarda i nativi australiani) non venivano considerati esseri umani dai conquistatori, e la religione di cui erano portatori ( con l'eccezzione di alcuni singoli religiosi) ha dato man forte a questa tesi, adducendo tutte una serie di demonizzazioni degli usi e dei costumi, materiali e spirituali, delle popolazioni indigene. Con l'avanzare del tempo poi, l'influenza del calvinismo,
    ha dato il substrato culturale e la giustificazione etica all'affermarsi dell'individualismo e del capitalismo.
    Il colonialismo, che pure menzioni pienamente a ragione, è stato un mezzo ed, al contempo, un effetto di tutto ciò. Credo che, seppure non in assoluto, Weber abbia colto un aspetto del legame tra le forme socio economiche politiche e le religione ad esse legate.
    un caro saluto e un benvenuto in questo mio piccolo angolo di riflessione personale, al quale, se e quando vorrai, non potrai che apportare il tuo prezioso contibuto.

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