martedì 12 maggio 2020

The Free di Willy Vlautin


Willy Vlautin, ha a cuore la working class americana, ne fa il soggetto dei suoi romanzi, raccontandola in varie sfaccettature attraverso i suoi protagonisti. Della nazione che si descrive come la più ricca e potente del mondo vuole mettere in scena verità spesso sottaciute, far venire a galle le contraddizioni materiali e morali che alimenta al suo interno senza mettersi per nulla in discussione o cercare di risolvere i problemi. La sanità pubblica non garantisce le cure a grossa parte della popolazione che non può pagarsi l'assistenza sanitaria privata; l'esercito, mitizzato per la sua potenza, viene reclutato di porta in porta scegliendo tra le famiglie più povere dove la paga del soldato può fare la differenza, allettando i giovani con false prospettive e poi mandandoli in guerra a morire o tornare feriti nel corpo e nella mente. Eppure è anche gran parte della working classe che ha votato Trump, e lo ha fatto contro i propri interessi, magari solo perché lui è una star televisiva perché è ricco e sperano di diventare come lui. Il tanto famoso sogno americano, che tanta letteratura ha smascherato, che ricorre spesso come sogno mancato se non per pochissime persone, in fondo è ancora vivo e vegeto e continua a mietere vittime.
Vlautin è anche un cantante e musicista nel gruppo Richmond Fontaine, le sue ballate sono tristi, perché è triste la realtà che lui vede intorno a sé e questa stessa tristezza la riporta nei suoi libri raccontando di persone che si trovano incastrate in quella marginalità che lui conosce personalmente, perché è quella l'umanità tra cui si muove, come ha rivelato lui stesso in varie occasioni.
The Free racconta le storie di alcune persone che appartengono a quella umanità.
Leroy, arruolatosi nell'esercito per mantenere un posto di lavoro e con la promessa che la sua partecipazione sarebbe stata marginale e non esposta a pericoli reali, viene invece mandato in Iraq. Tornato a casa ferito e in uno stato mentale alterato e confuso, viene ospitato in una casa famiglia per disabili. Un giorno riacquista la lucidità ed è per lui intollerabile tanto da tentare il suicidio.
Freddie, separato dalla moglie e dalle figlie, oberato da ipoteche contratte per garantire a una di esse cure mediche, presta servizio nella casa famiglia ma è obbligato anche a lavorare in un negozio di vernici il cui proprietario è un uomo indifferente, insignificante e interessato solo alle entrate del negozio al cui andamento non partecipa per niente ma che ascolta quotidianamente alla radio una trasmissione di fondamentalisti cristiani.
Pauline, un'infermiera che lavora nell'ospedale dove Leroy viene ricoverato, vive da sola, si prende cura di un padre fuori di testa che alterna stadi di depressione a stadi di furore ma anche di generosità verso la figlia. Lei vive con un coniglio, rifugge i rapporti di coppia se non saltuari ed esclusivamente fisici; il suo mestiere, che esercita con gentilezza e accortezza, la mette continuamente a contatto con il dolore nei confronti del quale cerca di crearsi una barriera emotiva per non soccomberne.

Nel contesto narrativo, di impronta realistica, viene inserita una parte onirica, in cui Leroy, mentre la madre in ospedale gli legge romanzi di fantascienza di cui è appassionato, entra in una realtà distopica in cui le persone che pensano con la propria testa in modo difforme al pensiero dominante, vengono marchiate, perseguitate e uccise.

In questo contesto di dolore reale, di grande difficoltà, ma non di rassegnazione, ciascuno di loro si prende cura degli altri, le loro vite si intersecano nel contesto di un piccolo, tipico, centro abitativo americano nello stato di Washington, costituito da fast food, motel, bar dove la comunità è sparsa, alienata in un contesto disaggregante, in cui giornalmente si ripetono inesorabilmente le stesse cose, ma dove i personaggi si legano grazie a piccoli e grandi rapporti di solidarietà reciproca, magari fatti solo di una "parola buona" di comprensione, solidarietà, attenzione.

In fondo la distopia evocata dagli incubi surreali di Leroy è già in atto nel presente in una società strutturata in modo tale che la maggior parte delle persone vivano nel disagio e forse è da lui immaginata a imitazione di quello che era già successo nel periodo nazi fascista dove una stella gialla individuava chi era soggetto a eliminazione mentre in America era stato sempre il colore della pelle a rappresentare il marchio naturale identificativo della discriminazione.

Il libro ha il ritmo narrativo della quotidianità, inframmezzato dalle visioni di Leroy, l'innesto delle quali forse appesantisce un po' la fluidità della trama, ma arricchisce la tematica di ulteriori riflessioni. Si respira dalla lettura una partecipazione sincera alle sofferenze dei protagonisti e di tutti coloro che, per vivere, devono lottare tutti i giorni per superare gli ostacoli a loro posti da un sistema sociale che, nel caso migliore, li ignora. Vlautin ribalta la figura propagandistica dell'eroe americano  e incentra il focus su coloro che raramente hanno la parola, sul loro coraggio di vivere e di condividere, sulla loro semplice gentilezza e comprensione verso l'altro; ma anche sul coraggio della decisione di non vivere per forza accanto a ricordi di orrori a cui ha dovuto partecipare, interrompendo una vita menomata nel corpo e nella mente.
Da notare quella che in questo periodo di emergenza sanitaria sembra una coincidenza profetica: il libro ha una dedica in cui viene messo in risalto il valore degli infermieri.
Non si può non pensare a Steinbeck ritrovando in Vlautin l'intento comunicativo di far emergere le storie dei più diseredati all'interno della trionfante Storia americana.