domenica 21 aprile 2019

L'estate che sciolse ogni cosa

L'estate che sciolse ogni cosa è il primo libro pubblicato da Tiffany McDaniel, ma non il primo da lei scritto, infatti per molti anni (ha iniziato a scrivere a 18 anni) le case editrici ne hanno rifiutato la pubblicazione come lei stessa dice in una intervista : "Per undici anni i miei scritti sono stati rifiutati dagli editori con la motivazione che li consideravano troppo cupi e comunque troppo rischiosi da pubblicare. L’industria editoriale americana, specialmente nel clima attuale, è molto cambiata focalizzandosi sul commerciale e sul non-fiction. La fiction letteraria, che è ciò che scrivo, è un genere considerato difficile per una carriera da lanciare, dal momento che il pubblico che segue questo genere letterario è sempre più di nicchia, almeno negli Stati Uniti."

Spendo due parole a favore della finzione come caratteristica di quell'opera letteraria che per convenzione chiamiamo romanzo e che ultimamente è più espressione di esperienze personali che di costruzioni narrative. Con l'auto fiction o no fiction novel, senza volerne disconoscerne il valore, si viene a perdere tutto un mondo che l'autore costruisce per comunicare la sua opera a noi lettori, la trama, l'intreccio, i personaggi, le mille possibilità che ha di inserirci situazioni, emozioni, eccezioni, stramberie, magia, etc etc, la capacità di strutturarle per dare loro un senso compiuto o  per non dar loro nessun senso....per spaziare nelle possibilità umane dell'esistenza....spesso si dice "leggo per vivere vite che non potranno mai essere le mie" ma non per vivere la vita dell'autore che diventa personaggio, anzi, "il personaggio"....Sicuramente ci sono fenomeni sociologici che mi sfuggono, ma credo che la nuova comunicazione, tra cui quella dei social, abbia troppo incentivato l'esposizione di se stessi, il racconto di se’ impoverendo la narrativa di elementi tipici della sua forma artistica.

Il libro della Mc Daniel comprende tutte le caratteristiche della narrazione di finzione che,  associate a uno stile a dir poco di notevole valenza estetica, si propone come un libro di rara bellezza.
1984, in un paesino dell'Ohio, Breathed,  Autopsy Bliss, pubblico ministero convinto di poter essere "il setaccio di Dio" per operare la distinzione tra bene e male, invita, in un bizzarro articolo sul giornale locale,  il Diavolo a presentarsi per avere un dialogo con lui e verificare il proprio operato. Colui che arriva, dicendo di essere Lucifero, è Sal, (le prime due lettere Sa stanno per Satana, L per Lucifero) un ragazzino di pelle nera, mal vestito, magrissimo, che incontra Fielding il figlio di Autopsy e da lui viene portato a casa. Insieme a Sal arriva un caldo insolito, un "caldo che non scioglieva solo le cose tangibili, come i cubetti di ghiaccio, il cioccolato, i gelati. Ma anche l'intangibile. La paura, la fede, l'ira, e ogni collaudato modello di buon senso. Scioglieva l'esistenza della gente, gettandone il futuro in cima al mucchio di terra sulla spalla del becchino".

Da questo momento molte sono le cose che avvengono, con la inusuale feroce calura di inizio estate si disgrega il super io comunitario: del caldo e di tutte gli eventi negativi che accadono si cerca il capro espiatorio, la fonte delle disgrazie, e non può che essere il "negro" venuto da fuori e che dichiara di essere il Diavolo. Per lui “Diavolo” non è che uno dei tanti nomi dispregiativi con cui lo hanno sempre chiamato e si dichiara tale perché è disposto a tutto pur di essere accettato e ospitato. Sal ha però la grazia di chi è accogliente verso gli altri, di chi, rispetto alle diversità e alle difficoltà altrui, prova empatia e riesce a sciogliere i nodi mentali di alcune delle persone che incontra, persone incastrate nelle loro paure e nelle loro difficoltà di vivere. Elohim, altro personaggio importante (il significato base del suo nome è "dio", "divinità"), fa leva sulle fobie, la viltà e le debolezze delle singole persone del paese in modo tale che diventino una massa indistinta, portatrice di odio che cerca la vittima sacrificale ( tutto ciò rimanda all'attualità e non credo che sia un caso). Le parti si invertono, Sal, colui che porta il nome del Diavolo è colui che salva, è l'angelo perduto che con la sua caduta ha permesso a Dio di esistere essendo il suo opposto, conosce il dolore e lo capisce mentre Dio guarda come spettatore le debolezze e il dramma degli uomini dall'alto della sua potenza; Elohim, che porta il nome della divinità, è colui che fomenta il risentimento degli uomini guidandoli verso l'orrore umano.
Il narratore del libro è Fielding e il suo racconto ha una doppia temporalità, il tempo in cui narra e il tempo di cui narra, nel primo ha più di ottanta anni, nel secondo è adolescente; questa dualità temporale non compromette la scioltezza della narrazione, arricchendola invece dello sguardo maturo di chi in quell'estate del 1984 non era che un ragazzino e ha visto la distruzione della sua famiglia e insieme ad essa quella della sua innocenza,  del suo porsi verso il futuro in modo positivo, ha conosciuto prematuramente "il supplizio di provare speranza solo per capire che non c'è speranza".

E' questo un libro che ci parla e ci fa riflettere su innumerevoli tematiche:la diversità, l'amore, l'amicizia, la famiglia, le eccentricità degli individui, la progressiva distruzione della terra, la fede, la religione, il dolore, la rabbia, l'orrore umano, il razzismo, la superstizione, il senso di colpa, la resa dei conti con se stessi e sopratutto il confine tra il bene e il male. Tutto questo è trattato con una fluidità che ha del magico ed è reso con una prosa che spesso rasenta la poesia.
L'uso che McDaniel fa delle parole e della loro costruzione in frasi è di un efficacia narrativa sorprendente, avvolge e coinvolge il lettore, lo fa scendere nell'animo dei personaggi con intensità emotiva e allarga la visuale dal particolare all'universale.
La potenza evocativa della narrazione dell'oramai ottuagenario Fielding che ricorda quell'estate che sciolse ogni cosa ha la sottile bellezza della malinconia, la forza della consapevolezza di ciò che si è fatto e di ciò che si è omesso, la tragicità di quello che non si può più modificare e di quello che rimane alla fine della vita.

Se volessimo inserire il libro in un genere letterario risulterebbe arduo perché è tante cose: quasi un thriller nella parte finale, un racconto di formazione, un diario a posteriori, un testo immaginifico, un libro distopico ed è sicuramente un romanzo sull'Umanità, sui suoi pregi e i suoi difetti, e sopratutto sulla crudeltà umana.
A esergo di ciascun capitolo c'è un verso del Paradiso perduto di Milton, non so se ciascun verso sia specificatamente attinente al contenuto del capitolo che introduce, ma credo che il loro inserimento sia non solo un  rimando alla caduta dell'angelo ribelle e alla perdita del paradiso in termini generali, ma anche un riferimento specifico al "personale paradiso" del giovane Fielding che, durante quella estate, egli perse definitivamente.

"Si, Breathed era davvero la cicatrice del paradiso perduto, e sotto quella cadenza impastata di burro e farina, il fischio sibilante della città confluiva nel vento, ti induceva al silenzio e a intuire la presenza dei serpenti"













Green Book


La neve cade copiosa e pesante, invade le strade, il Natale è dentro le case, le famiglie sono riunite intorno all'Albero decorato, un angelo bianco mette le ali in paradiso, un angelo nero sfida se stesso e gli altri, le sue ali non lo faranno volare nel cielo ma camminare a testa alta su questa terra.
La vita è meravigliosa, ma è anche il luogo umano dove viene concepito il Green Book una guida di viaggio specifica per afroamericani nel sud degli USA, dove negli anni sessanta ancora erano in vigore, dopo cento anni dalla guerra civile americana, le leggi segregazioniste.

Come spero si intuisca, "La vita è meravigliosa" è il film di Frank Capra del 1946, "Green Book" , del 2018 è di  Peter Farrelly. Ho fatto questo parallelo perché, secondo me, i due film, entrambi commedie, hanno in comune, oltre al genere, anche l'happy end, che nel primo caso è risolutivo, mentre nel secondo lascia comunque aperte tutte le problematiche toccate nella narrazione.

Peter Farrelly, autore insieme al fratello di molte commedie quali "Tutti pazzi per Mary" e "Scemo più scemo", non ha cambiato registro per questo suo film ma lo ha arricchito di una delle tematiche sociali più scottanti e contraddittorie della società americana: il razzismo, che sicuramente Capra era lontano dal porre nelle sue opere, anzi della donna nera che si vede nell'ultima scena del film si dice "anche la negra è venuta".

La storia del film - siamo negli anni '60 -  attinge a fatti e personaggi realmente esisti: Don Shirley, pianista afro americano di musica classica di indiscusso talento, assume Frank Anthony Vallelonga (dettoTony Lip), buttafuori del locale Copacabana temporaneamente chiuso, come autista e guardia del corpo, per essere accompagnato in una tournèe nel sud segregazionista.


Don sa cosa lo aspetta giù nel profondo sud e, come si scopre durante il film, il suo viaggio vuole essere una sfida, un atto di coraggio per affrontare il problema del razzismo che, se pur esistente, negli stati del nord è meno pressante sopratutto per un riconosciuto genio del pianoforte quale lui è. Anche Tony sa cosa li attende, ma lui è avvezzo a trattare la violenza e non si fa scrupolo a rispondere a tono, quando quello è l'unico sistema per togliersi d'impaccio.

Il film gioca sul rovesciamento dei ruoli:  il nero è colto, ricco, elegante ed estremamente formale, il bianco è illetterato, grossolano, sbarca il lunario lavorando per il locale, fa altri lavori sporadici, cercando di rimanere il più possibile fuori dal giro mafioso con cui, inevitabilmente, entra in contatto.

Man mano che la loro strada li porta al sud "l'accoglienza" che viene riservata a Don peggiora sempre di più, gli viene riconosciuta la bravura artistica ma non il suo essere persona, uomo, uomo nero. La buona educazione e il rifiuto della violenza non sembra possano essere coltivate in un mondo in cui è proprio la violenza a regolare i rapporti; il bianco questo lo sa, l'ambiente in cui è cresciuto ne è pieno e solo affrontando fisicamente certe situazioni se ne può uscire. Il principio di autodifesa ha la sua ragione di essere in un mondo ingiusto.
Nel percorso aumentano le difficoltà, ma cresce il rapporto tra i due: entrambi, sollecitati l'un dall'altro, usciranno fuori dalle maschere che si sono costruiti, dai pregiudizi in cui sono incastrati.
Shirley si è creato una corazza di perbenismo accentuato, di educazione esasperata che non ammette concessioni liberatorie, seduto su di un trono- fisico e metaforico- scruta dall'alto l'ignoranza e la goffaggine altrui, senza fare i conti veramente coi problemi che il colore della sua pelle e il suo essere omosessuale comportano; Tony fa i conti con i suoi  pregiudizi razziali, riconoscerà il compagno di viaggio come simile a se', con i suoi punti di forza e le sue debolezze, lo aiuterà, non solo nelle difficoltà pratiche del viaggio, lo scioglierà dagli incastri mentali che si è voluto/ dovuto costruire per avere una vita che rasenti la normalità.
Entrambi acquisiranno consapevolezza di se stessi e degli altri riconoscendosi come uomini al di sotto dell'apparenza che loro stessi, indotti anche dalle situazioni sociali, si sono cuciti addosso.

Il film è luminoso, ricco di colori e di paesaggi che ne arricchiscono la valenza estetica, gli attori sono bravissimi, Viggo Mortersen meritava, anche lui, l'Oscar.