sabato 21 marzo 2015

Whiplash di Daniel Chazelle

Whiplash di Daniel Chazelle
è, a mio avviso, un film sulla passione, non quella amorosa, ma sulla passione in generale, nella fattispecie la musica, e uno strumento in particolare, la batteria.

Andrew (Miles Teller), protagonista del film, ha verso lo strumento una dedizione totale, la sua musica è il jazz, frequenta il Conservatorio di Manhattan e viene scelto dal prestigioso insegnante Terence Fletcher ( J.K.Simmons) a far parte della sua band, considerata un'eccellenza.
Andrew è provvisto del talento necessario a emergere come musicista e della volontà proporzionata affinché questo possa avvenire; esercita così la sua passione in modo esclusivo facendo intorno a sé un volontario vuoto relazionale e affettivo, concentra la sua vita nello studio del suo strumento e nella realizzazione di sé attraverso quello. In questo quadro personale del ragazzo si inserisce la figura di Fletcher, il suo corso è ambito dagli studenti, è lui che li sceglie, come fa con Andrew, è lui che li espelle se non corrispondono alle sue aspettative. E' uno scopritore di talenti, ma il suo corso è un girone dell'inferno per chi vi partecipa, vuole essere, il suo, uno stimolo all'impegno assoluto, al sacrificio di qualsiasi altra cosa esuli dallo studio per far emergere le proprie capacità.

I suoi metodi, vanno però oltre qualsiasi umana concezione dell'insegnamento, è con il terrore che esercita la sua professione, incutendo paura, usando
l'insulto personale come stimolo alla perfezione esecutiva, insinuando una rivalità malata carica solo di arrivismo e competitività privi di qualsiasi elemento di solidarietà e comprensione umana, stabilendo un clima di sottomissione in cui il dissenso non è previsto se non come mezzo per essere escluso. Trasforma l'amore per la musica nel fango di un campo d'addestramento dei marines, la scena in cui "rimprovera" un suo studente "non magro"sembra quasi una citazione del tenente Hartman di Full metal jacket, e non a caso, come quello, provocherà il suicidio di un suo alunno.
Nessuno della band si ribella, ormai assuefatto al
motto mors tua vita mea.
E  seppur la severità può essere una metodologia di insegnamento per spronare allo studio intensivo e per far emergere delle eccellenze, la malvagità e i metodi quasi razzisti sono un modo di annientamento di qualsiasi personalità e dignità umana.

Andrew, in questo contesto, porterà all'esasperazione lo studio del suo strumento, fino a macchiare col sangue delle sue mani la batteria, nel tentativo si eseguire alla perfezione il brano in 7/4, (ritmo complicato e difficile da realizzare) Whiplash, il cui significato, Frustata, sembra una metafora delle lezioni di Fletcher.


Il conflitto  che si instaura tra discente e docente si svilupperà a livello psicologico, emotivo e anche fisico; si ribellerà il ragazzo al maestro, anche con l'aggressione e con la denuncia, fatta in forma anonima, al conservatorio. Neanche da lui avremo, però, un moto di ribellione diretto ed esplicito a favore dei suoi compagni che restano tutti in balia di Fletcher che, sebbene abbia una sua autorevolezza, che gli deriva dalle sue capacità professionali, impronta il suo insegnamento sull'esercizio di una autorità esacerbata e diseducativa.

La tenacia del ragazzo e una certa casualità lo porteranno alla fine a suonare in pubblico con la band di Fletcher, ottenendo riconoscimento e applausi meritati.

Il film ha una sua specificità formale, adeguata al contenuto e con un suo fascino, la scena iniziale in cui la telecamera si muove all'interno di un corridoio avvicinandosi al ragazzo che suona la batteria è preludio di un atmosfera claustrofobica, è infatti dal buio di quella stanza che apparirà Fletcher quasi come un demone che si materializzi; la maggior parte delle scene sono realizzate all'interno del conservatorio mantenendo così un clima cupo a contrasto con le scene girate in esterno che sembreranno quasi disturbare l'attenzione dello spettatore.

Sono spesso usati dei primi piani molto ravvicinati, quasi si volesse entrare dentro i personaggi o farli uscire fuori dallo schermo.

Tornando a quanto detto all'inizio, secondo me, il nodo centrale del film è la passione, non quella passiva in base alla quale si ha uno specifico interesse per qualcosa di già esistente, letteratura, cinema,arti figurative etc. che pure può prendere una grossa fetta della propria vita, ma quella attiva in cui un particolare talento o addirittura una forma di genialità si rendono partecipi del processo creativo. In tutti e due i casi la propria vita ha una marcia in più per cercare un senso e una realizzazione di sé stessi, ma nel secondo la dedizione può essere totale ed esclusiva, tanto da risultare l'unico elemento significativo dell'esistenza.  L'egocentrismo e una visione univoca attraverso cui filtrare la realtà portano a uno straniamento dagli altri, a una concentrazione delle proprie energie verso l' alimentazione della passione, emarginando quasi completamente gli altri stimoli della vita a cose secondarie e accidentali.

Andrew rientra appieno in questo tipo di persona, è con lui che la trama sviluppa quello che può essere avere una passione ed egli sceglie di viverla fino in fondo; quale sia poi un giudizio qualitativo su questo tipo di vita, è discussione interessante ma non può rientrare in questo post.

Si può discutere invece sulla figura di Fletcher, sui suoi metodi di insegnamento e su quanto essi possano avere un effetto positivo, come sembra suggerire la conclusione del film,  su un processo di crescita personale del tipo sopra descritto.
A parte gli elementi diseducativi quali l'istigazione a una competizione senza regole e l'umiliazione dell'individualità dei discenti, non mi sembra che un atteggiamento violento, urla in faccia e insulti, possano stimolare la creazione di talenti e alimentare in loro la passione per qualsiasi cosa; è un processo interiore quello dell'esercizio di una passione; se disciplina ci deve essere sarà autodisciplina, se esclusione dalla quotidianità è necessaria sarà auto esclusione, se in parte sottintende la negazione di una parte di sé, ciò non significa la rinuncia alla dignità e alla pretesa del rispetto personale.

Chazelle, ha spostato il tema del successo dalle edulcorate e ambigue ambientazioni di Hollywood,  a un austero conservatorio di Manahattan, ha costruito un film originale come tematica e come struttura, ha però inserito un elemento, l'insegnamento di Fletcher, che io, in base naturalmente alla mia personale percezione del suo lavoro, trovo come punto debole e fuorviante, sopratutto se lo si vuole mostrare con una valenza positiva.















domenica 1 marzo 2015

Birdman di Alejandro Gonzales Inarritu

Il ritmo incalzante di una batteria, il tictac di un orologio, dialoghi serrati, scene che si susseguono senza nessuno stacco, corridoi angusti, voli umani più o meno immaginari, meteore incandescenti che cadono.

Riggan Thompson, il protagonista del film, attore che ha raggiunto il successo interpretando Birdman, supereroe alato e  mascherato, in un classico film americano di cassetta, decide di riscattarsi da un passato professionale di poco spessore intellettuale e anche da una vita personale poco soddisfacente (é separato, ha una figlia adolescente da poco uscita da un centro di disintossicazione), mettendo in scena e interpretando uno spettacolo teatrale tratto dalla raccolta di racconti di Raymond Carver, " Di cosa parliamo quando parliamo di amore?"
Thompson si muove fisicamente tra un camerino trasandato e fatiscente, i cunicoli stretti del teatro, il suo palcoscenico e le vie caotiche di NY ; professionalmente esce dall'apparato artefatto Hollywoodiano per entrare in quello teatrale dove si alternano problemi economici a problematiche relative alla mediocrità degli attori o alla loro grandezza smorzata da caratteri a dir poco eccentrici, dove tutto è in mano ad arroganti e autoreferenziali critici teatrali che decidono le sorti di uno spettacolo; personalmente si dibatte nello sdoppiamento di personalità che lo perseguita: Birdman è diventato il suo alter ego, lo incalza per cercare di riportarlo a interpretare ancora il ruolo cinematografico che gli aveva dato successo. Riggan lo sente, lo vede, ci discute, ci litiga, non riesce a scrollarsi di dosso l'ebbrezza della notorietà, del successo facile, ma non è più giovane e vorrebbe dare alla sua vita una svolta che dia un senso più profondo alla sua esistenza. Intorno a lui è evidente "il genocidio culturale" in atto attraverso i media, la creazione virtuale di eventi e personaggi tramite i social network, la possibilità di diventare qualcuno pur essendo niente, la glorificazione di qualcuno o qualcosa senza che abbia dei meriti effettivi per giustificarla, una melma in cui viene decerebrata la realtà e impantanata la verità. C'è una scritta significativa, su di un foglio attaccato allo specchio del camerino: "Una cosa è una cosa, non quello che si dice di quella cosa", sembrerebbe messo lì a promemoria di un più attento e coscienzioso contatto con la vita reale.

Questo il nodo narrativo del film, per svilupparlo tante immagini reali e surreali, tante parole che si susseguono quasi senza interruzione alcuna, c'è un sacco di roba e un sacco di modi per dirla,
faccio un tentativo di sciogliere gli elementi che lo contengono.

La batteria: sta per l'incalzare del tempo (come del resto il ticchettio dell'orologio) e il frastuono della vita che ci circonda?
La meteora in fiamme che cade: bruciamo le cose e le cose bruciano noi,  il successo è un fuoco effimero che si spegne e ci porta a impattarci con la realtà?
Birdman alter ego: se metafora dev'essere perchè renderla così evidente nell'inseguimento che il super eroe fa del protagonista del film? perchè palesarlo in questo modo? l'immaginifico perde il suo fascino nella rappresentazione minuziosa dell'irrealtà.
Le sue capacità piscocinetiche: vogliono suggerirci che lui è Birdman? sposta gli oggetti con la forza del pensiero,  rimane sospeso in aria mentre medita, lo si vede alzarsi in volo, le persone sulla strada, dalle finestre lo vedono volare, atterra davanti al teatro, ma la scena immediatamente successiva ci fa capire che in realtà è arrivato in taxi.
Perchè poi la scelta di Carver? la realtà che lo scrittore rappresenta nella sua narrativa, come pure le sue modalità di scrittura stridono con il contenuto e il linguaggio del film. In realtà, a Carver ci sono poi pochi riferimenti: nello spettacolo teatrale di Thompson , per quanto ne vediamo, è rappresentata solo una parte del racconto che dà il titolo alla raccolta dello scrittore americano, la scena della tavola, mentre il resto dello spettacolo non gli appartiene; un altro riferimento è posto all'inizio del film quando viene citata una nota frase con cui lo scrittore rispose a una esplicita domanda:
"E hai ottenuto quello che volevi da questa vita, nonostante tutto?
Si
E cosa volevi?
Sentirmi chiamato amato, sentirmi
amato sulla terra"
Se questo è il senso ultimo del film, data la premessa in epigrafe, il suo finale ne è la diretta conseguenza?

Se mi faccio tutte queste domande non è perché penso che un film debba essere esplicito e non lasciare dubbi interpretativi e che debba essere del tutto decodificabile, ma, al contrario, perché ho avuto l'impressione che le parti surreali siano troppo semplicistiche.
Insomma c'è troppa roba, quasi troppo scontato il lato immaginifico, troppo evidente la metafora,  in fondo è una ripetizione continua della stessa cosa, degli stessi elementi narrativi, anche la fine...sembra non finire mai....e anch'essa si ripete.

Sembra che la tecnica cinematografica, di indubbia qualità, da forma atta a esprimere diventi essa stessa sostanza del film, che non sia il veicolo per raccontare qualcosa, ma che quel qualcosa serva per realizzare quella forma.
Inarritu è messicano, ha fatto film che mi sono piaciuti, originali e di spessore contenutistico,  ma qui mi sembra che sia riuscito a ripetere la classica formula con cui il cinema americano riesce a glorificare l'America pur criticandola, a ribadire il suo mito pur contestandolo.

Forse sono io che non ho capito il film, il dubbio mi rimane, ma la sensazione che mi ha lasciata è stata quella di un deja vu, di una semplicità contenutistica nascosta da una complessità stilistica
Il film è comunque dotato di un ottimo cast, di un montaggio "nascosto" che rende il film un flusso continuo e senza interruzioni delle scene che lo compongono e di un'adeguata e potente colonna sonora che lo scandisce e lo accompagna quasi incessantemente.

Ma i dubbi sulla validità complessiva del film rimangono.
Qui potete leggere una bella recensione completamente opposta alla mia anche se i punti di riflessione sono più o meno gli stessi.













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