domenica 21 aprile 2019

Green Book


La neve cade copiosa e pesante, invade le strade, il Natale è dentro le case, le famiglie sono riunite intorno all'Albero decorato, un angelo bianco mette le ali in paradiso, un angelo nero sfida se stesso e gli altri, le sue ali non lo faranno volare nel cielo ma camminare a testa alta su questa terra.
La vita è meravigliosa, ma è anche il luogo umano dove viene concepito il Green Book una guida di viaggio specifica per afroamericani nel sud degli USA, dove negli anni sessanta ancora erano in vigore, dopo cento anni dalla guerra civile americana, le leggi segregazioniste.

Come spero si intuisca, "La vita è meravigliosa" è il film di Frank Capra del 1946, "Green Book" , del 2018 è di  Peter Farrelly. Ho fatto questo parallelo perché, secondo me, i due film, entrambi commedie, hanno in comune, oltre al genere, anche l'happy end, che nel primo caso è risolutivo, mentre nel secondo lascia comunque aperte tutte le problematiche toccate nella narrazione.

Peter Farrelly, autore insieme al fratello di molte commedie quali "Tutti pazzi per Mary" e "Scemo più scemo", non ha cambiato registro per questo suo film ma lo ha arricchito di una delle tematiche sociali più scottanti e contraddittorie della società americana: il razzismo, che sicuramente Capra era lontano dal porre nelle sue opere, anzi della donna nera che si vede nell'ultima scena del film si dice "anche la negra è venuta".

La storia del film - siamo negli anni '60 -  attinge a fatti e personaggi realmente esisti: Don Shirley, pianista afro americano di musica classica di indiscusso talento, assume Frank Anthony Vallelonga (dettoTony Lip), buttafuori del locale Copacabana temporaneamente chiuso, come autista e guardia del corpo, per essere accompagnato in una tournèe nel sud segregazionista.


Don sa cosa lo aspetta giù nel profondo sud e, come si scopre durante il film, il suo viaggio vuole essere una sfida, un atto di coraggio per affrontare il problema del razzismo che, se pur esistente, negli stati del nord è meno pressante sopratutto per un riconosciuto genio del pianoforte quale lui è. Anche Tony sa cosa li attende, ma lui è avvezzo a trattare la violenza e non si fa scrupolo a rispondere a tono, quando quello è l'unico sistema per togliersi d'impaccio.

Il film gioca sul rovesciamento dei ruoli:  il nero è colto, ricco, elegante ed estremamente formale, il bianco è illetterato, grossolano, sbarca il lunario lavorando per il locale, fa altri lavori sporadici, cercando di rimanere il più possibile fuori dal giro mafioso con cui, inevitabilmente, entra in contatto.

Man mano che la loro strada li porta al sud "l'accoglienza" che viene riservata a Don peggiora sempre di più, gli viene riconosciuta la bravura artistica ma non il suo essere persona, uomo, uomo nero. La buona educazione e il rifiuto della violenza non sembra possano essere coltivate in un mondo in cui è proprio la violenza a regolare i rapporti; il bianco questo lo sa, l'ambiente in cui è cresciuto ne è pieno e solo affrontando fisicamente certe situazioni se ne può uscire. Il principio di autodifesa ha la sua ragione di essere in un mondo ingiusto.
Nel percorso aumentano le difficoltà, ma cresce il rapporto tra i due: entrambi, sollecitati l'un dall'altro, usciranno fuori dalle maschere che si sono costruiti, dai pregiudizi in cui sono incastrati.
Shirley si è creato una corazza di perbenismo accentuato, di educazione esasperata che non ammette concessioni liberatorie, seduto su di un trono- fisico e metaforico- scruta dall'alto l'ignoranza e la goffaggine altrui, senza fare i conti veramente coi problemi che il colore della sua pelle e il suo essere omosessuale comportano; Tony fa i conti con i suoi  pregiudizi razziali, riconoscerà il compagno di viaggio come simile a se', con i suoi punti di forza e le sue debolezze, lo aiuterà, non solo nelle difficoltà pratiche del viaggio, lo scioglierà dagli incastri mentali che si è voluto/ dovuto costruire per avere una vita che rasenti la normalità.
Entrambi acquisiranno consapevolezza di se stessi e degli altri riconoscendosi come uomini al di sotto dell'apparenza che loro stessi, indotti anche dalle situazioni sociali, si sono cuciti addosso.

Il film è luminoso, ricco di colori e di paesaggi che ne arricchiscono la valenza estetica, gli attori sono bravissimi, Viggo Mortersen meritava, anche lui, l'Oscar.











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